I Solisti di Mosca

Raffaele Cecconi: Secondo Quintetto con pianoforte

Robert Schumann: Quintetto in mi bemolle maggiore op.44
Allegro brillante
In modo di una Marcia (un poco largamente)
Scherzo, molto vivace
Allegro, ma non troppo

Johannes Brahms:
Sestetto in sol maggiore op.36
Allegro non troppo
Scherzo – allegro non troppo
Poco adagio
Poco allegro

SESTETTO de
”I SOLISTI DI MOSCA”

Il Sestetto è formato dai componenti della famosa orchestra da camera de “I SOLISTI DI MOSCA” diretta dall’esimio M° Yuri Bashmet, violista di fama internazionale, e sono tutti solisti laureati di concorsi internazionali. Dal momento della sua formazione, l’orchestra si è esibito sempre più frequentemente in tournèe internazionali. Molti compositori russi contemporanei, come A.Golovin, A.Ciaikovskij, M.Jermolajev, A.Shnitke, V.Barkauskas, ecc., hanno composto e dedicato concerti per viola ed orchestra che sono stati eseguiti in prima assoluta. S.Richter, che si è esibito diverse volte con Yuri Bashmet, ha detto di quest’orchestra: “Bashmet è riuscito in un tempo brevissimo ad amalgamare al meglio questi giovani e prestigiosi solisti, infondendo, un suono volitivo, chiaro ed acuto e, nello stesso tempo, precisione virtuosistica, dimostrando di possedere alte capacità che lo collocheranno presto tra i migliori direttori d’orchestre da camera”. L’orchestra è stata ospite delle celebrazioni per il centenario del Concertgebouw di Amsterdam e di quelle per il centenario della Carnegie Hall di New York. Numerose sono le incisioni con la casa discografica RCA VICTORY Red Seal.

Ermindo Polidori Luciani, abruzzese di nascita, genovese d’adozione, concertista e didatta ha iniziato lo studio del pianoforte all’età di quattro anni. Ermindo Polidori Luciani si è diplomato con lode sotto la guida di Lucia Passaglia, proseguendo la sua formazione con Guido Agosti presso l’Accademia Musicale Chigiana di Siena e successivamente attraverso i corsi di perfezionamento tenuti in Svizzera da Ludwig Stefanski e H. Czerny Stefanska. Ha ottenuto per tre anni consecutivi il Diploma di Merito dell’Accademia Musicale Chigiana e ha vinto numerosi primi premi in concorsi pianistici nazionali. Ha suonato per importanti società di concerti italiane ed europee sia come solista sia come collaboratore di complessi e solisti famosi (I Solisti di Mosca, Kavakos, Watanabe, Fain, Prishepenko, Gringols, Faust, Di Ilio, Devia, D’Arcangelo, Serra, Quarta, Quartetto di Cremona, Feng…). È regolarmente invitato in giurie di concorsi pianistici e lirici. Come solista ha privilegiato spesso un repertorio particolare, strutturato secondo scelte preziose ed inusuali comprendenti anche prime esecuzioni in epoca moderna. È titolare dal 1978 della cattedra di Pianoforte Principale presso il Conservatorio di Genova e dal 1985 collabora come pianista con il Concorso Internazionale di Violino ‘Premio Paganini”.

Abbonamento ai concerti:
€ 35,00
(valido per n. 7 concerti dal 29/11/07 al 12/4/08)

Per info, prevendite, acquisto abbonamenti:

Società dei concerti, Via Prione 45
(martedì e mercoledì mattina 9/12 e venerdì pomeriggio 15/18)
0187/731214 – info@sdclaspezia.it

Biglietteria Teatro Civico 0187/757032

Robert Schumann:
Quintetto per pianoforte ed archi op. 44 (1842)

Dopo una giovinezza dedicata pressoché esclusivamente al pianoforte, e dopo le lunghe ed estenuanti lotte condotte con il vecchio Wieck per ottenere Clara, finalmente, nel 1841 (a 30 anni) Schumann riesce a sposare Clara, ormai maggiorenne. Durante il primo periodo del loro matrimonio, Schumann affronta generi abbastanza nuovi per lui, ottenendo risultati splendidi e quanto mai incisivi. La frequentazione del mondo dei Lieder gli permette di applicare la concisione che gli è propria ad una forma più regolare e compiuta rispetto a quella dei piccoli pezzi che già aveva affrontato con tanti capolavori; i primi successi in campo sinfonico gli regalano una maggior sicurezza nella grande forma, e gli permettono di affrontare con sicurezza l’ambito cameristico.
Nascono in breve tempo il Quintetto ed il Quartetto per pianoforte ed archi, nonché i Quartetti per archi, brani cameristici fra i più riusciti dell’Ottocento.

La forma del Quintetto per pianoforte e quartetto d’archi è una forma nuova, che nessuno prima di Schumann aveva affrontato con risultati rilevanti. Schubert aveva scritto il meraviglioso Quintetto “la Trota”, utilizzando però un organico molto diverso: un solo violino, viola, violoncello e contrabbasso. Il prevalere delle voci gravi costringeva il pianoforte ad utilizzare sovente quasi solo la propria tessitura acuta: in tal modo una parte considerevole delle risorse espressive del pianoforte veniva soppressa. L’equilibrio è viceversa molto più semplice da trovare con un quartetto d’archi “canonico”: la trovata di Schumann avrà infatti numerosi e splendidi epigoni, tra cui Brahms, Dvorak, Franck, Sostakovic etc.

Il Quintetto, costruito in una forma ciclica che anticipa l’uso wagneriano del Leitmotiv, è un capolavoro assoluto per bellezza, ricchezza espressiva, brillantezza. Clara, la giovane sposa di Schumann, fu assolutamente conquistata da questo brano, che sentiva come una grande dichiarazione d’amore da parte di Schumann nei suoi confronti. La prima esecuzione del Quintetto avvenne infatti in forma privata, con lei al pianoforte; a questa esecuzione ne seguì una simile, questa volta con Mendelssohn, grande amico degli Schumann e padrino dei loro figli, al pianoforte. In tale occasione Mendelssohn diede prova di maestria eccezionale, interpretando il difficile brano a prima vista, poiché Clara aveva dovuto rinunciare al concerto poche ore prima a causa di un’indisposizione. Infine, la prima esecuzione pubblica, nella grande sala del Gewandhaus di Lipsia, sempre ad opera di Clara e del quartetto del Gewandhaus, fu un grande trionfo: ad essa seguirono numerosissime repliche, in tutta Europa.

Cuore del quintetto è il meraviglioso secondo movimento, costruito in forma di marcia funebre. E’ un brano molto contemplativo, non narrativo: la musica sembra restare sempre ferma davanti al mistero dell’esistenza e della morte, e porsi grandi domande sottovoce. All’interno della marcia funebre sono incastonate tre sezioni, due delle quali, speculari, hanno una dolcissima melodia negli archi – una sorta di manifestazione di speranza da parte di Schumann. La sezione centrale, viceversa, è un tumultuoso Agitato, che funge da catarsi per tutta la tensione psicologica ed emotiva che si era venuta accumulando nel resto del movimento. Questo secondo tempo vede l’assoluto protagonismo degli archi rispetto al pianoforte: questi svolge infatti un ruolo nettamente subordinato, che ricorda molto da vicino l’incedere del “basso continuo” nella musica barocca e classica.

Il primo movimento è caratterizzato da una grande solidità e da una forte contrapposizione dei temi: da un lato il tema deciso, ampio, aperto, omoritmico che apre il brano, dall’altro un secondo tema molto riservato, dolce e tenero. Da notare lo struggente dialogo tra violoncello e viola, che si passano una breve frase sempre più aperta e cantabile, da cui poi, inaspettatamente, Schumann trae una vivace esplosione di vitalità.

Lo scherzo, con due “trii”, è caratterizzato da un movimento molto brillante e vivace: lunghe scale ascendenti, veloci e staccate, gli conferiscono un aspetto allegro, vivace e giovanile. Il primo dei due trii costituisce un grande contrasto, con la sua dolcissima melodia, tratta dal tema iniziale del primo movimento, e proposta in forma retrograda dal primo violino; il secondo, non previsto originariamente ed aggiunto in seguito su suggerimento di Mendelssohn, presenta un movimento quasi zingaresco, con un ritmo ossessivo e trascinante ed un velocissimo movimento di semicrome che gli strumenti si passano l’un l’altro.

Un tema quasi popolare si presenta anche nell’ultimo movimento, che si apre in do minore: si tratta di un tema melodicamente ed armonicamente molto semplice, facile da memorizzare e, come si vedrà in seguito, assai comodo per potervi costruire complicatissimi intrecci contrappuntistici. In questo periodo Robert e Clara stavano approfondendo lo studio della polifonia e del contrappunto di Bach ed Haendel: in quest’ultimo movimento Schumann riesce a costruire un mirabile edificio contrappuntistico con il tema del primo movimento e quello dell’ultimo. Con questa geniale costruzione riesce a conferire una straordinaria unitarietà alla grande varietà tematica ed emozionale del quintetto, e propone a molti grandi musicisti che lo seguiranno un interessantissimo modello formale, che verrà ripreso sovente e con splendidi risultati (ricordiamo soprattutto il Quintetto di Franck, costituito a partire da un’idea mutuata quasi totalmente da Schumann).

Il Sestetto op.36 di Johannes Brahms (1833-1897), sua seconda e ultima composizione in questo genere musicale, è abbozzato durante l’estate del 1684, serenamente trascorsa a Baden-Baden, città immersa in uno splendido paesaggio silvestre; venne poi completato nell’inverno seguente a Vienna, in un periodo in cui il musicista si esibisce raramente e conduce vita ritirata. Si tratta di una composizione strettamente legata al ricordo di una donna, Agatha von Siebold, amore già lontano nel tempo ma non ancora dimenticato, il cui nome si ritrova in un tema musicale del primo movimento, costruito sulla note musicali la- sol- la- si- sol, tradotte in notazione tedesca con le lettere A- G- A- (T)- H- E. Questo Sestetto si compone di quattro movimenti, un “Allegro ma non troppo” che evoca un’atmosfera agreste e pastorale, uno “Scherzo” che è tale solo nella forma ma non per il carattere, un “Poco Adagio”, che in realtà può essere considerato un tema con variazioni, e un “Finale” in cui il ritmo è l’elemento su cui si basa tutto il movimento.